Ringraziamo l'amico Daniele Perboni che condivide con noi la sua giornata passata ai Campionati Italiani Assoluti Indoor 2017. Uno sguardo diverso, un modo alternativo di raccontare quel che tutti avete visto, ma non come lui. Buona lettura.
«Allora affare fatto. Ti scrivo qualcosa da ancona, ma non aspettarti la cronaca o la narrazione delle gare. Sarebbe anacronistico. Quelle che vuole le segue con altri mezzi più rapidi».
«Fai quello che vuoi. Tanto il tuo contratto ti lascia campo libero». Contratto, sottolineamo che non prevede aumenti rispetto a quello dello scorso anno per un totale di euro annui uguale allo zero assoluto. Sia chiaro una volte per tutte. E non parliamone più. Questo, più o meno, lo scambio di battute fra l’estensore di queste note, che leggeranno i soliti quattro lettori quattro, e il responsabile del sito, un tal Davide Viganò.
Palazzetto pieno, con tanto pubblico come non siamo abituati. Soliti incontri di atleti, tecnici (sempre più anziani), dirigenti (qualcuno ancora più maturo). Colleghi? Sempre meno. I pochi rimasti quasi non li conosciamo. Gli storici con i quali abbiamo condiviso centinaia di trasferte ormai hanno abbandonato. Chi in pensione, chi andato a navigare per altri lidi. Qualcuno, comunque, resiste a oltranza, nonostante l’età e gli acciacchi (la prostata reclama sempre più spesso).
Ora però basta cazzeggiare e proviamo a dedicarci a qualcosa di più serio. Nonostante la promessa di non dedicare spazio alle gare, proprio a queste dobbiamo porre attenzione. Anzi, la gara per eccellenza di questa prima giornata: il salto in lungo. La vigilia prometteva scintille. E scintille si son viste grazie a tre giovanotti (uno mica poi tanto giovane…) che hanno incendiato il parterre del palaindoor di Ancona: MarcellLamont Jacobs (nella foto Colombo/FIDAL), Filippo Randazzo e Andrew Howe. Tutti e tre oltre il piccolo muro degli otto metri. Rispettivamente 8.06, 8.05 e 8.01. A memoria era da circa trent’anni che tre italiani non finivano una gara contemporaneamente oltre gli otto. Allora a vincere fu un certo Giovanni Evangelisti che gareggiava a livelli internazionali e che nelle gare che contavano sfoggiava “occhi da tigre”, come sottolineava l’allora e il tutt’ora CT della Nazionale Elio Locatelli. E sempre il “grande vecchio” alla fine ha esordito stampando una frase che, forse, rende bene l’idea: «In questo mestiere – riferendosi al mestiere dell’atleta e del lunghista in particolare – a volte occorre anche un gran c…». Verità sacrosanta, perché l’ultima prova di Howe, con la quale ha ottenuto l’8.01, gli è stata data “buona” per pochissimi millimetri…
Il resto della giornata? Diciamo discreta, almeno per chi sa apprezzare l’atletica in ogni sua sfumatura e non guarda oltre i risultati. Materiale umano su cui lavorare ne abbiamo visto, anche se in alcune specialità «Non c’è proprio nulla», come ha sottolineato il CT Locatelli. Per chi vuole approfondire rimandiamo ai soliti siti specializzati. Questo non era il nostro compito (notare il modestissimo plurale maiestatis…).
PS - Notati il vicepresidente del Comitato Lombardo Roberto Goffi, presto affiancato dal vicepresidente nazionale Vincenzo Parrinello, sdraiati sotto il podio del lungo per immortalare i protagonisti. Manco fossero delle groupie di un qualsiasi gruppo musicale, come non se ne vedevano dagli anni settanta. Ma che volete farci, anche questi sono gli effetti nefasti e controproducenti dell’atletica.
Arrivederci a domani. E se non vi hanno gradito queste righe pazienza. Questo è quanto vi passa il convento.
Ad maiora.
Daniele Perboni