Doping, libera "canna" in libero sport. E' la strada giusta?

Anti dopingDoping, siamo arrivati alla canna… del gas? In data 11 maggio 2013 la Wada, l’Agenzia mondiale per la lotta al doping, ha decretato la modifica del limite di positività per marjuana, innalzando la soglia da 15 nanogrammi per millilitro a 150: un aumento di ben dieci volte il precedente livello. Ciononostante, la sostanza continua a restare nella lista di quelle proibite anche se, evidentemente, il numero di positività scenderà considerevolmente. Di quanto?

Facciamo due conti in casa nostra. Stando a quanto trasmesso dall’antidoping del Coni (che ha già recepito la nuova direttivanegli ultimi sei mesi, da dicembre ad oggi, in Italia ci sono stati 35 deferimenti per casi di doping. Di questi ben 18 riguardano i metaboliti della cannabis. Dei restanti 17, uno riguarda l’assunzione di cocaina. I casi di doping puramente chimico-farmaceutico sono quindi nettamente inferiori (16) a quelli delle sostanze stupefacenti (19).

Colpisce anche vedere come la diffusione del consumo di cannabis sia trasversale alle varie federazioni. Sorpresi con lo “spinello fumante” sono stati atleti e atlete del rugby (5 casi), calcio (2), hockey su ghiaccio (2), pallamano (2), kickboxing (2), hockey a rotelle (1), Fipsas-apnea (1), football americano (1), pallacanestro (1), taekwondo (1). Un malcostume che coinvolge quindi tutti gli sport, ad ogni livello. Sempre che di malcostume si possa parlare, perché la decisione della Wada pare proprio voler sdoganare lo spinello, purché fumato  sufficientemente lontano dalle gare. Sembra così aver avuto la meglio il partito dei “giustificazionisti”, che difendono la marjuana perché sarebbe priva di quegli effetti migliorativi della prestazione sportiva, tipici delle sostanze dopanti.

L’abbattimento delle positività da cannabis (e dei conseguenti processi) libererebbe fondi ed energie dei laboratori antidoping da investire nel contrasto di altre sostanze ben più dopanti. Se anche così fosse, resta il fatto che con questa decisione la Wada, indirettamente, avvalla una cultura dello “sballo” che poco si adatta alla vita di uno sportivo, la cui prima preoccupazione deve essere quella della cura della propria integrità fisica e mentale. E i discorsi sull’importanza dello sport come elemento principale per la diffusione della cultura del benessere e della salute, dove vanno a finire? Al momento, così è stato deciso. Wada come vada, non sarà un successo.