C'è una relazione tra la pratica sportiva e lo sviluppo delle relazioni sociali tra i giovani? Come avviene? E' possibile comprendere questo rapporto e realizzare interventi per prevenire alcune forme di disagio giovanile relative all'ambito relazionale? Domande e questioni importanti a cui sta cercando di dare risposte un gruppo di professioniste riunite sotto il nome di BodyInMind Team, una squadra di giovani psicologhe dello sport. Queste psicologhe ma anche atlete hanno riscontrato, nella loro esperienza a contatto con le nuove leve, notevoli difficoltà da parte dei bimbi a relazionarsi con gli altri compagni all'inizio della loro attività sportiva. Da qui l'idea di approfondire alcune dinamiche che caratterizzano il vissuto pre sportivo e come queste poi si modifichino a contatto con l'ambiente dello sport. Tutti possiamo contribuire a questa ricerca scientifica per cui vi invitiamo a cliccare sul link seguente e a rispondere alle domande del test
https://docs.google.com/forms/d/1LYfRCWCxU1aFl_umGOkEoU-fRrC6PKyApfntdmjs3A4/viewform
Del BodyInMind Team fa parte anche Martina Fugazza, 26 anni, velocista dell'Atletica Bracco, giovane psicologa dello sport che affianca a una carriera professionale in rampa di lancio un'attività sportiva ancora di alto livello, capace di vincere il titolo regionale assoluto nei 100 mt lo scorso luglio (per chi non l'avesse vista, qui il video della sua vittoria, dal minuto 59'15"). Con Martina abbiamo affrontato alcuni aspetti della psicologia dello sport, disciplina in grande sviluppo ormai imprescindibile per gli atleti di alto livello (ma non solo).
Il compito fondamentale dello psicologo dello sport è quello di aiutare l'atleta a gestire le emozioni: «La psicologia dello sport è basata sulla psicologia positiva: non curare ma far affrontare meglio la vita» spiega la dottoressa Fugazza, che si è ripromessa di continuare a gareggiare ancora per una stagione. «L'obiettivo della psicologia dello sport è prendere un atleta e fargli vivere al cento per cento e con il maggior benessere possibile la sua esperienza sportiva. L'importante non è tanto farlo vincere ma di permettergli anche di affrontare una sconfitta o un fallimento nel miglior modo possibile. tutto questo porta al fatto che poi l'atleta ha delle risorse che vengono esaltate e quindi tutto questo può portare a una prestazione eccellente». Non necessariamente con "prestazione eccellente" si intende vincere le Olimpiadi, ma anche solo gestire al meglio un campionato nazionale: l'obiettivo è riuscire a esprimere le proprie potenzialità.
Due i motivi per cui un atleta si rivolge a uno psicologo: migliorare la propria prestazione o migliorare il "benessere" in gara, in particolare nella gestione dell'ansia. Partendo dal dialogo e dal colloquio a tu per tu, lo psicologo mette in opera strategie e tecniche per la sua terapia: rilassamento, visualizzazione della gara, modifiche della routine pre gara. Un adeguato percorso terapeutico può avere benefici su ogni tipo di atleta, professionista o giovane speranza. Fondamentale per la buona riuscita della terapia è il rapporto che si instaura tra medico e paziente. Ma è possibile fare lo psicologo dello sport senza essere stati degli sportivi? «Sì, se sei uno psicologo bravissimo! - dice scherzando Martina - In realtà è fondamentale conoscere gli sport con cui si ha a che fare, con le loro regole e l'organizzazione. E' più facile immedesimarsi se si è fatto sport ad alto livello. Questo permette di capire il vissuto dell'atleta e di trovare più in fretta gli strumenti per aiutarlo nel suo problema. C'è tutto un mondo che ti si apre quando capisci l'atleta». Il magnifico mondo di Martina.