Atletica ieri...CARLO LIEVORE

L’1 giugno di 45 anni fa , all’Arena di Milano, venne scritta una delle pagine più gloriose della storia dell’atletica italiana. L’autore si chiamava Carlo Lievore ed era un giavellottista. L’impresa fu niente meno che il record del mondo, stabilito a 86 metri e 74 centimetri. La leggenda narra che quel lancio, molto più lungo del settore previsto dagli organizzatori, finì sulla pista di corsa, sfiorando gli atleti impegnati nel fondo. Per capire se tale leggenda risponda al vero, riportiamo l’articolo della Gazzetta dello Sport, a firma Marco Cassani, pubblicato il giorno dopo quella mirabile impresa. E a mo’ di celebrazione, tracciamo una breve biografia dell’indimenticabile campione.

 

Carlo Lievore, il mito in un lancio.
Esponente di una famiglia di lanciatori di giavellotto (aveva seguito le orme del fratello Giovanni), Carlo Lievore, nato a Carré, Vicenza, l’11 novembre 1937, è stato l’unico atleta italiano di questa specialità ad affacciarsi nel panorama internazionale. Tra il 56 e il 61 batté undici volte il primato italiano, raggiungendo il picco più alto della carriera proprio nella magica serata dell’Arena di Milano. Il primato mondiale conseguito durò ben tre anni, rimanendo record italiano addirittura fino al 1983, quando fu superato da Agostino Ghesini, con 89,12.
Lievore aveva cominciato a gareggiare nel 1954 con la Lane Rossi di Schio (il cui direttore tecnico era Mario Lanzi). Due anni dopo era approdato alle Fiamme Oro Padova e alla Nazionale juniores. Alla sua carriera, fantastica, mancò solo l’acuto internazionale. Dato come favorito per le Olimpiadi di Roma 1960, si infortunò alla caviglia a un mese dalle gare e non poté primeggiare. Un anno dopo, però, conquistò il primato del mondo. A fine carriera ha fatto l’allenatore per la Fiat di Torino, dove è morto, all’età di 64 anni, il 9 ottobre 2002. Ripercorriamo la giornata dell’1 giugno 1961 seguendo il resoconto che ne fece Marco Cassani sulla Gazzetta dello Sport : la felicità del fratello, lo scrupolo dei giudici, l’abbraccio degli appassionati, il giavellotto “mascotte” e quel buco, sulla sesta corsia della pista, colorano il mi e fanno sembrare che non siano passati 45 anni. Ma solo pochi attimi.


 “Con un lancio di 86 metri e 74 centimetri Carlo Lievore ha conquistato all’Arena il record del mondo del giavellotto. A pomeriggio inoltrato, su una pedana non molto rispondente per la pioggia, l’alfiere della Fiat ha colto la misura al secondo lancio. L’attrezzo, vibrante in un cielo torbido e oscuro, ha sfiorato i supporti del salto con l’asta e rasentando i marciatori in gara sull’anello dello stadio è andato a conficcarsi nella terra nera della pista a tu per tu con la cancellata, aprendo una larga ferita sulla sesta corsia.
La sensazione del record è immediatamente nata fra lo scarso pubblico presente. Poi Lievore si è ripetuto, e ha saettato un’altra frecciata dal grigiore del cielo al nero della pista. Questa volta l’attrezzo è sceso ad impuntarsi in seconda corsia. I due lanci, l’uno di 86,74 e l’altro di 85,50, erano stati preceduti da un tiro d’avvio, buonissimo e centrale attorno ai 77 metri (76,91 per l’esattezza).
Carlo Lievore non ha più insistito. Soddisfatto, anche se la misura si è potuta avere solo molto più tardi – terminate le gare in corso sulla pista – egli ha rinunciato a proseguire, pago dello straordinario risultato. È andato di persona ad assicurarsi che il secondo lancio fosse interno al settore, tracciato solo sino ai 50 metri e quindi ha infilato l’held (un “held” regolarissimo di peso superiore allo stabilito grammi 806, e con un puntale di oltre 25 centimetri come prescrivono le nuove norme della Iaaf) nel lungo astuccio accanto al giavellotto russo dal puntale cortissimo ed a quello di legno col quale stabilì a Schio il 31 luglio 1960 il record d’Italia (m. 83,60). È quest’ultimo il suo portafortuna, una sorta di “mascotte” che Carlo non dimentica mai di portare con sé. Primo a congratularsi con lui è stato il fratello. Giovanni Lievore era felice, quasi fosse stato lui a stabilire il primato, e Carlo sembrava fosse stato chiamato a rapporto ed esponesse al maestro un accurato rendiconto. […]
Poi Carlo Lievore si è sottoposto all’assalto dei curiosi. Ha spiegato minuziosamente ciò che ha fatto dopo il 77,29 di Monaco Principato. È rientrato lunedì a Schio ed ha effettuato una sola leggera seduta d’allenamento martedì mattina. Tre quarti d’ora di lavoro, qualche giretto del campo, un poco di sollevamento pesi all’aria pungente che scendeva dai monti e due soli lanci, senza impegno. È tutto qui. E la mattina della gara una levataccia per essere a Milano per tempo. Infine una lunga spiacevole attesa presso la pedana, alla mercé di un clima umido e quasi freddo.
Di rigore il “curriculum” del neo-primatista del mondo che cancella il record di Al Cantello (86,04 a Compton il 4 giugno 1959), nato a Carré presso Vicenza il 10 novembre 1937 Carlo Lievore ha avuto la seguente successione 74,00 nel 1957; 74,98 nel 1958; 80,52 nel 1959 e 83,60 nel 1960. Nella stagione in corso questi i risultati sin qui registrati: 73,72 (Torino, 26-3); 63,29 (Wolfsburg, 1-5); 71,08 (Verona, 14-5); 77,29 (Monaco Principato, 28-5). La stessa pedana dell’Arena che il 30 giugno 1956 diede con 83,66 il record del mondo della specialità al polacco Janusz Sidlo, ha decretato ieri con l’impresa di Lievore il rientro in Europa del limite massimo di una specialità tipicamente europea, retta da una tradizione che gli Stati Uniti con Al Cantello hanno spezzato e che miravano a rinverdire lo scorso anno con Bill Haley il cui 88,46 (West Chester, 9 luglio) non fu omologato per via della pendenza riscontrata sul terreno di gara.
All’Arena ogni controllo è stato meticoloso. Per via del piccolo muretto che delimita la pista, per via del lieve rialzo di terreno in prossimità della pedana per il salto con l’asta sul lato sinistro delle Carceri, la misurazione è stata ripetuta due volte, scrupolosamente. Dopo aver annunciato la misura “ufficiosa” di metri 86,71 i giudici erano in grado di precisare più tardi quella ufficiale: metri 86,74. e lo facevano quando le ombre della sera erano già cadute sull’Arena teatro della mirabile impresa di Lievore e quando lo stesso neo-primatista se ne era ormai andato dallo stadio. I giudici, giustamente pignoli e severi, accovacciati sull’erba fradicia, sono rimasti lì a misurare il record, quasi a compiere un rito.”